Attraverso un collage di filmati d’archivio e fotografie privati, emerge la storia di una piccola città metaforica dove tutte le strade portano il nome di poeti. La psicogeografia della città determina lo stato mentale ed emotivo dei suoi abitanti, che vivono in un’illusione utopica fondata sulla poesia. Quando il sistema cambia e la guerra imperversa, nascono nuovi quartieri per accogliere i rifugiati, e i nomi delle strade esistenti vengono sostituiti. Questi improvvisi e profondi sconvolgimenti generano confusione tra i residenti della città, che presto si ritrovano persi tra i ricordi dei poeti dimenticati.
«L’idea per City of Poets è scaturita da un gelso piantato da mia nonna nel giardino di casa sua. Quell’albero rappresentava per me un senso di familiarità, felicità, appartenenza, nonché di saggezza. Mia nonna ci parlava sempre, cantava e ballava davanti a lui. Quando l’albero è morto, è stato come se fosse morta di nuovo anche lei. L’assenza della pianta ha risvegliato in me i ricordi della casa di mia nonna, di come è stato il primo porto sicuro della mia famiglia quando siamo diventati rifugiati di guerra. I miei pensieri si sono spostati al vicolo in cui si trovava la casa e infine alla città dove tutte le strade portavano il nome di poeti. A quattro anni, sapevo i nomi di molti poeti.
City of Poets è una catena di immagini, proprio come la catena di ricordi su cui ho basato la storia. Ogni fotogramma dà vita al successivo e giustifica la comparsa di un’altra immagine. Ho creato la transizione strutturale della città con ricordi frammentati, che vengono raccontati dal voice-over e che trattano dell’aspetto più essenziale della storia orale, ovvero un qualcosa di non fisso, composto da fonti e voci diverse, senza una gerarchia specifica, che si ripete e si modifica leggermente. In City of Poets, la psicogeografia della città determina lo stato mentale ed emotivo dei suoi abitanti, un piccolo gruppo di persone che vive in un’illusione utopica fondata sulla poesia. E poiché il luogo non ha un nome, i cambiamenti e la confusione possono suscitare storie e ricordi personali nello spettatore.»— Sara Rajaei
Informazioni
Paese
Paesi BassiAnno
2024Durata
21'22"
Categoria
SperimentaleOrigine dei materiali d’archivio
Immagini degli archivi di Fardid Khadem, Majid Kazemi, Sara Rajaei.Sceneggiatura
Sara RajaeiMontaggio
Nathalie Alonso CasaleProduzione
near/by filmBiografia del regista
Sara Rajaei è una videoartista e regista iraniano-olandese che vive nei Paesi Bassi. Nelle sue opere, esamina la nozione di tempo riflettendo su assenza dell’immagine, psicologia della memoria, storia orale, tecniche narrative e spazio fisico/psicologico. La sua produzione artistica spazia tra cortometraggi e installazioni video, sospese tra narrazione e visione.