Di seguito, pubblichiamo qualche domanda rivolta alla regista Kumjana Novakova in merito al suo film in concorso Silence of Reason.
Archivio Aperto esplora il tema della memoria e degli archivi. In che modo il tuo film intercetta questo tema? Quali elementi del film sottolineano questa esplorazione della memoria?
Realizzo film da una prospettiva femminista, ricercando relazioni e concetti legati al potere, alla guerra, ai ricordi e alla (dis)appartenenza nel contesto della creazione di immagini femministe. La mia pratica cinematografica si basa su una lunga e approfondita ricerca orientata al processo, concentrandosi su nuove metodologie e strategie visive nel cinema.
Silence of Reason propone strategie di attivazione dell’immagine forense d’archivio in un modo che trasforma i paradigmi patriarcali delle memorie personali e collettive represse in modo traumatico.
In che modo le immagini di archivio influenzano la costruzione della narrazione? Puoi parlarci di una sequenza nel tuo film in cui le immagini di archivio hanno trasformato o arricchito il messaggio che intendevi comunicare?
Il mio lavoro su e con le memorie e i ricordi collettivi, e le relazioni tra geografie e storicità contrastano la fattografia e gli archivi con narrazioni e immagini poetiche speculative. Raccolgo, assemblo e riordino archivi: immagini, frammenti, testi, suoni, scorci di ricordi che poi diventano qualcos’altro. Lavorando solo con ciò che trovo, riorganizzo intuitivamente il tempo, gli spazi e le relazioni, in modo da introdurre l’intreccio temporale: passato, presente e futuro non sono separati l’uno dall’altro, in modo da sentirmi più vicino all’esperienza vissuta nei tempi e nello spazio politico e personale in cui abito.
Quali sono i film found footage o sperimentali che hanno avuto un ruolo importante per la tua formazione?
Cineaste femministe che propongono modi non lineari di pensare e fare cinema, e liberi di introdurre il multitemporale, sconvolgendo così la gerarchia all’interno dell’immagine, sono quelli che hanno formato la mia pratica e il mio modo di immaginare il cinema. Alcune di loro hanno utilizzato filmati found footage, altre hanno proposto metodologie radicali e utilizzato i film come spazio di ricerca.
Per fare alcuni nomi: Trinh T. Minh-ha, Maya Deren, Barbara Hammer, Vukica Djilas, Forough Farokhzad, Esfir Shub, Cecilia Mangini, John Akomfrah, Chantal Akerman, Harun Farocki, Pedro Costa, Lyudmila Stanukinas, ma anche il Black Audio Film Collective, il Collettivo Femminista del Cinema di Roma, The Otolith Group, Karrabing Film Collective, e molti altri!