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13.10.2023

Intervista a Noah Teichner

Intervista a Noah Teichner

Di seguito, riportiamo alcune domande poste al regista Noah Teichner in merito al suo film in concorso Navigators.

Che tipo di lavoro hai fatto sui materiali d’archivio per il tuo film?

 

Tutti i materiali d’archivio di Navigators sono stati (ri)filmati e sviluppati su pellicola 16 e 35 mm presso il laboratorio cinematografico d’artista L’Abominable, nella regione di Parigi. Ho usato una stampante ottica per rielaborare filmati tratti da The Navigator (1924) di Buster Keaton e da altri film di Keaton e commedie slapstick dell’epoca. Ho raccolto copie da 16 mm e Super 8 di questi film che ho rallentato attraverso la stampa a passo (riprendendo ogni fotogramma 4, 8, 24, ecc.). In alcuni casi, ho anche rifotografato il filmato o ingrandito i dettagli: è il caso, in particolare, del filmato del cinegiornale dei deportati che partono per Ellis Island nel dicembre 1919 (da una copia d’archivio da 35 mm prestata dalla Library and Archives Canada).

Con una cinepresa a cavalletto e una pellicola a colori da 16 mm, ho ripreso anche libri in prima edizione, giornali, cartoline, spartiti e vari oggetti che ho raccolto durante le mie ricerche sulla deportazione dell'”Arca sovietica” e sulla Prima Paura Rossa negli Stati Uniti. Altri archivi di origine digitale sono stati trasferiti su pellicola da 16 mm, utilizzando supporti in bianco e nero. La colonna sonora del film è stata creata rallentando e remixando dischi a 78 giri, la maggior parte dei quali risalgono al periodo della Prima Paura Rossa (1919-1920).

 

Il film si prende tempo per analizzare dettagli attraverso l’accostamento di immagini e di materiali d’archivio vari, dai libri, alle foto fino alla colonna sonora. Ci descrivi la forma cinematografica che hai voluto dare al tuo film?

 

Ho affrontato l’inquadratura widescreen Scope di Navigators come una sorta di interfaccia di ricerca in grado di riunire una varietà di materiali – dalle didascalie e note stampate a caratteri tipografici che strutturano il film ai filmati rielaborati e ai documenti storici. Il formato a due schermi, che di tanto in tanto passa al formato Scope a schermo intero, si ispira sia alla lunga storia di opere sperimentali basate sul cinema che utilizzano la doppia proiezione, sia a varie interfacce analogiche e digitali per la raccolta e l’analisi di materiali d’archivio.

Ho anche cercato di esplorare le possibilità grafiche e narrative del testo sullo schermo, giocando con i codici degli intertitoli dei film muti e della ricerca storiografica. Personalmente, trovo molto più coinvolgente che i racconti in prima persona di Alexander Berkman ed Emma Goldman assumano la forma di intertitoli piuttosto che di voci fuori campo. È lo spettatore che deve dare voce ai protagonisti del film. Le note a piè di pagina sono un altro modo in cui ho cercato di incitare il pubblico a confrontarsi con i materiali storici del film, anche se in modo più analitico.

 

Vorresti suggerire ai giovani e a un nuovo pubblico alcuni titoli di found footage e/o film sperimentali che sono stati importanti per la tua formazione?

 

Vedere una retrospettiva completa dei film dell’artista-collezionista Joseph Cornell quando ero adolescente mi ha segnato molto. Standard Gauge (1984) di Morgan Fisher, che affronta il collezionismo da una prospettiva completamente diversa rispetto a Cornell, è stato un altro lavoro fondamentale. Anche l’approccio giocoso alla scrittura della storia di The Song of the Shirt (Sue Clayton & Jonathan Curling, 1979), che ho visto all’inizio della lavorazione di Navigators, ha avuto un’influenza su di me.