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Archivio Aperto XVII edizione

La natura dell’archivio. Adelaide Cioni

La natura dell’archivio. Adelaide Cioni

A cura di Giulia Simi.

La natura dell’archivio è la sezione del festival dedicata alle contaminazioni tra mondo botanico e memoria, pellicole, archivi. Quest’anno, la natura dell’archivio ospita l’opera Kew. A conversation in green di Adelaide Cioni.

 

La Natura dell’archivio
A partire da Adelaide Cioni, Kew. A Conversation in Green

 

Doesn’t one always think of the past, in a garden?
– Virginia Woolf, Kew, 1919

 

C’è sempre un «procedere ai margini» nella ricerca visiva di Adelaide Cioni, un desiderio di cogliere le tracce periferiche della realtà che vibrano come una presenza a volte sotterranea nei nostri corpi e affiorano in superficie nell’incanto della reminiscenza. È quello infatti un vero e proprio incontro con la memoria del mondo, con la consapevolezza che non esistiamo se non come parti di un grande organismo che scorre in un tempo dell’eterno ritorno. Così, davanti a queste immagini lente e dalla grana obsoleta, in questa osservazione attenta e quasi tattile delle foglie di palme dalle diverse forme, dove tutto si ripete e niente è mai identico, ci sembra di ritrovare la linfa del nostro stare al mondo. «Non si pensa sempre al passato in un giardino?» scriveva Virginia Woolf in uno dei suoi racconti più sperimentali, Kew, che uscì in un’edizione illustrata da alcuni disegni di Vanessa Bell nel 1919 e che trova qui una fantasmatica e sorprendente risonanza.

Certo il passato invade le immagini di queste foglie curvilinee riprese in super8 e che rivediamo qui proiettate in 16mm, scorrendo tra i silenzi delle immagini e quelle degli spazi che furono un refettorio per monache domenicane. Sono foglie che ci interrogano, spesso adagiate alla superficie di vetri e metalli scrostati e usurati dal tempo, a volte abbandonate dalla vita, costantemente attraversate dalle luce pallida che filtra tra le trasparenze di questa Palm House inaugurata nel pieno della corsa al grande progresso tecnologico e ormai immersa nella polvere delle epoche compiute. Luce e movimento. Proprio come il cinema. Le palme, così amate negli anni della coloniale attrazione per l’esotico dell’era vittoriana, non sono che un sintomo, manifestazione di un passato che emerge nell’intreccio dei tempi della storia. Era una palma anche quella del tempio di Delo, così nota evidentemente da essere evocata da Omero per bocca di Odisseo come termine di paragone per la bellezza di Nausicaa; sono palme quelle che vediamo nei mosaici romani e bizantini, negli affreschi delle chiese, nei dipinti dei musei, nelle fotografie del primo turismo di lusso del Sud della Francia che anticipano gli scatti glamour del Festival di Cannes. Nelle loro varietà di provenienza più remota, le parlour palm affollano i salotti dell’Ottocento e dei primi del Novecento. Due palme da salotto spuntano nella celebre fotografia della prima proiezione dei Fratelli Lumière a Parigi, nel famoso Salon Indien du Grand Café in Boulevard des Capucines, affollano i melodrammi già negli anni Dieci accarezzando i sinuosi corpi delle dive, e sembra quasi di vederne l’ombra quando ci immaginiamo le proiezioni dei primi film di famiglia nei salotti delle case borghesi dalla metà degli anni Venti. Ma nel guardare queste foglie lanceolate in cui la luce filtra e si impasta con la materia, la mente può tornare anche alle più ordinarie case delle nostre nonne. Nella febbre consumistica degli anni Sessanta le palme da interno hanno cominciato a decorare le case di tutti, restando impassibili, nella loro spesso diffusa artificialità, nei decenni a seguire. Forse le ricordiamo come oggetti desueti e un po’ dimenticati, dove la polvere dei giorni trovava facile rifugio, magari accanto a qualche sopravvissuto carrello della TV anni ‘50 su cui campeggiavano i nuovi modelli dei televisori di fine Novecento.

 

Piccoli anacronismi del quotidiano, a volte colti dalle cineprese e dalle videocamere famigliari tra un soffio di candeline e un brindisi di capodanno. Ad affondare nei ricordi di compleanni e pranzi domenicali, le palme domestiche spuntano come immagini alla periferia della nostra memoria, visioni a volte dissolte in fuori campo eppure ancora vive. E allora accade, in questa conversazione in verde dove anche un pettirosso appare a ricordarci il nodo inestricabile tra mondo vegetale e mondo animale, di percepire non solo l’istante di un altrove lontano nello spazio e nel tempo, ma anche di riconoscere il lampo di un’immagine già vista. E scoprire così che tra i pattern delle foglie e il loop di un proiettore 16mm, il nostro corpo parla e disegna memoria.

Anche questa è la natura dell’archivio.

 

 

Orari e accesso

Sala Berti – Refettorio delle Monache dell’ex Convento San Mattia, Via Sant’Isaia 20

Kew. A Conversation in Green – Adelaide Cioni

Installazione 16mm in loop e disegni china e colori vinilici su carta

 

Orari di apertura (ingresso gratuito)

23 ottobre, 15:00 – 18:00

24 — 27 ottobre, 10:00 – 19:00